Intervista: performance “Zen Sheet Music”

Ottobre 2011 – Intervista di Anna Maria Monteverdi a Enzo Gentile e Vito Mazzocchi in occasione della performance multimediale “Zen Sheet Music”.

Enzo Gentile ingegnere elettronico, attualmente si occupa di interaction design con particolare interesse alle sue applicazioni nelle arti moderne.
Animazione 3d, web design, fotografia, musica, sperimentazioni video-grafiche e interattività sono argomenti di studio continuo e di ispirazione creativa finalizzata allo sviluppo di oggetti multimediali e artistici sempre nuovi.

Come nasce il progetto zen sheet music? Quali elementi diventano sensibili per una performance di questo tipo?
La collaborazione con Vito Mazzocchi è nata solo da alcuni mesi in seguito alla sua esigenza di ampliare la sua performance verso le nuove tecnologie. La necessità di operare dal vivo e in tempo reale ha comportato una serie di difficoltà tecniche che abbiamo superato grazie alla creazione di un programma ad hoc. Dopo alcuni esperimenti con vari software è stato scelto di svilupparlo con processing (www.processing.org) per le sue caratteristiche di semplicità, multipiattaforma e open source.

Quali sono le potenzialità del video-mapping applicato a una performance dal vivo?
Nel nostro caso proiettiamo su una tela (lo “spartito cosmico”) le note provenienti dalla chitarra di Vito e le trasformiamo in tempo reale in macchie di colore.
La chitarra è collegata non solo all’amplificatore ma anche a un dispositivo hardware che consente la digitalizzazione in tempo reale delle note suonate convertendole in formato midi e quindi numerico.
Con tali “numeri musicali” è possibile, sempre in tempo reale grazie alla potenza dei nuovi computer, pilotare il software per creare, nel nostro caso, delle macchie con grandezza e colore dipendenti dalle note suonate.
In futuro potremo costruire lo spartito proiettando su qualsiasi superficie sfruttando le tecniche e le potenzialità dell’architectural mapping.

 Quali sono le peculiarità di questa tecnica rispetto a una normale gestione audio-video in diretta come vediamo nei live set?
I dati analogici (suono della chitarra o altri strumenti tradizionali, compresa la voce) devono essere resi comprensibili al computer quindi digitalizzati, estrarne le singole note, la loro durata, la loro espressività e trasferirle al software che li trasforma in oggetti grafici, il tutto in tempo reale.
Il pubblico non deve percepire tempi di latenza tra il suono e la creazione dell’oggetto grafico.
La principale difficoltà è rappresentata proprio dalla taratura dello strumento hardware (si tratta di in convertitore suono-midi, noi abbiamo scelto quello “mono” perché molto più semplice da gestire e da installare e dal costo limitato).
Il limite del convertitore monofonico, (possibilità di suonare solo una nota per volta, gli accordi sono esclusi) non rappresentava un problema nell’ambito delle caratteristiche della performance.
Il software ha inoltre la possibilità di gestire tali note singole in modo estremamente veloce in modo da limitare (praticamente a livelli impercettibili) i tempi di latenza.

Quali sono le tue esperienze nel campo tecnologico, il tuo background e come mai hai avuto questa fascinazione per l’interaction design?
 Mi occupo di nuove tecnologie da sempre, dal primo Commodore Vic20 all’attuale Kinect della Microsoft. E’ una malattia innata, il mio background ingegneristico-informatico mi ha permesso di coltivare attivamente questa passione cercando continuamente l’innovazione e le applicazioni in campo artistico. Ultimamente mi sto occupando principalmente di “interactive architectural mapping” e di ” audio-video real time processing”.
L’ultima frontiera, ancora tutta da esplorare è rappresentata dal “kinect”, un oggetto realizzato dalla Microsoft per scopi puramente ludici ma che molti artisti hanno già elevato a oggetto tecnologico da utilizzare nelle loro performance.
Tale oggetto è un concentrato di tecnologia “interattiva” infatti comprende telecamera a infrarossi, un sensore di profondità, una batteria di microfoni per la rilevazione ambientale e una telecamera standard.
E’ quindi possibile, tramite software e driver specifici, pilotare in tempo reale computer, grafica, suoni, suoni, video e molto altro con il solo utilizzo dei movimenti del corpo rendendo superflui gli ingombranti e costosi dispositivi utilizzati sino ad ora.

Il videomapping architettonico oggi può essere considerato un nuovo genere artistico multimediale? Vi è la possibilità che anche gli artisti e non solo i grandi marchi possano utilizzarla per fare sperimentazione (e non sia solo usata per comunicazione e pubblicità.
I budget utilizzati dalle grandi società (che hanno compreso le potenzialità di una pubblicità percepita non come tale ma come spettacolo) non sono alla portata della maggior parte degli artisti indipendenti. Occorre quindi puntare sulle idee innovative per sopperire a tali difficoltà. La video proiezione architetturale in spazi chiusi, meglio se interattiva, è una grande occasione che artisti e scenografi hanno per rappresentare le loro idee.
Mi immagino il videomapping utilizzato in spazi chiusi, in teatri attrezzati, senza dover utilizzare proiettori dal costo di un appartamento, dove siano le emozioni e le idee a prevalere a scapito del gigantismo tanto di voga in questo momento.
Un artista che ha già utilizzato con successo tali tecniche è Amon Tobin, le sue performance in teatro sono caratterizzate da una struttura geometrica posta al centro del palcoscenico sulla quale vengono proiettati delle immagini. L’impatto visivo è un ottimo supporto alla sua particolare sound.
Il pubblico è particolarmente attratto da tali forme di spettacolo visivo-musicale non solo perché rappresenta una novità ma anche perché, a mio giudizio, rimane affascinato dagli stravolgimenti della sua percezione, dalla creazione di oggetti “impossibili”, dalla precisa sincronia tra suono e immagini.
Nonostante il video mapping, nelle sue tecniche più innovative, sia nato quasi 3 anni fa, il suo utilizzo in ambito teatrale non è ancora stato preso in seria considerazione ( a parte rari casi).
Penso che il futuro ci fornirà molti spunti di contaminazione tra queste diverse tecnologie, al primo posto pongo l’interaction design, finalmente il performer libero di muoversi nella scena senza dispositivi aggiuntivi e libero di interagire con la scena e col pubblico senza altre preoccupazioni.

 


Vito Mazzocchi artista poliedrico creativo senza preclusioni, vive e lavora in Liguria, spaziando dalla musica, pittura, scultura, elaborazione digitale, videoarte, cibernetica attraverso un percorso ancorato alla filosofia zen.

Cos’è l’arte e come la vivi?
E’ assenza di tabù, un percorso cosmico, tutto, per me è restare vivo. Non so se sono io a viverla o l’arte che vive me, so solo che senza di essa non sarei. Mi succede di non cercare l’idea per esprimere un concetto, l’idea che mi cerca e di solito quella giusta e la esprimo cosi come arriva, senza preamboli e senza masturbazioni mentali.

Quale stato il tuo percorso artistico?
Ho abbinato sempre le note della mia chitarra alla pittura, pensando di eseguire le note di un quadro o riempire uno spartito con i colori: il ritmo, le pause, i contrappunti, gli accenti sono gli stessi, l’emozione e l’esecuzione analoga, tutto parte dall’anima.
E’ con questo concetto che partendo dalle tele sono passato a elaborazioni digitali ed infine alla cibernetica. In questo percorso la filosofia zen, di cui sono un appassionato, mi ha aiutato in modo determinante, non a caso ho inserito in qualche mostra un monaco zen ed da qualche anno che faccio installazioni cosmiche con giardini zen.
Ultimamente con la collaborazione di Enzo Gentile eseguo Cyber performances dove il mio gesto pittorico zen, che chiamo partitura cosmica, viene proiettato sul video ed in tempo reale si riempe di note colorate, secondo una precisa scala cromatica, che suono con la mia chitarra elettrica.

E’ possibile prevedere una performance globale in cui anche il pubblico modifichi consapevolmente o inconsapevolmente le tracce grafiche e audio? In questo caso la partitura diventa aperta?
E’ senz’altro possibile e auspicabile. Ci stiamo lavorando, sarà uno dei prossimi progetti. Il coinvolgimento del pubblico, in modo attivo, creerebbe un’ulteriore variabile e renderebbe ancora più unica la performance.

Chi per te l’artista?
Semplicemente un uomo libero protagonista di se stesso.

Nelle tue performance l’uomo e il cosmo sono sempre in primo piano spesso lanciando messaggi sulle condizioni sociali e sulle ingiustizie, quali sono le motivazioni?
Qualsiasi segnale sociale, visivo… può esserne la motivazione. La performance una magia, il culmine della meditazione, l’abbandono dal corpo, la vera realizzazione di me stesso.
Solitamente preparo solo il concetto, l’esibizione quella del momento,”questo il momento”; ritengo che ogni gesto ed ogni momento siano irripetibili, come l’unicità di ogni essere umano.

Progetti futuri?
Non programmo mai, altri momenti arriveranno da soli.

Link alla performance.